Radio Vaticana
Prima dell’intervento di Benedetto XVI, nella Basilica di Santa Maria degli Angeli si sono alternati alcuni capi delle Chiese cristiane d’Oriente e d’Occidente, insieme con esponenti del mondo ebraico ed islamico e dei maggiori culti mondiali. La sintesi dei loro interventi in questo servizio di Alessandro De Carolis:
Se è il dialogo fra le religioni a prevalere allora e la comprensione a vincere e non l’odio, la pace ad avere più chance di radicarsi rispetto al conflitto. Come una melodia suonata a più mani, con lo “spirito di Assisi” a orientarne le note, i leader religiosi che hanno preso la parola in successione sotto le volte di Santa Maria degli Angeli hanno ribadito, con sottolineature diverse, il medesimo concetto di fondo per cui 25 anni fa il primo raduno nella città di Francesco riuscì a posare la prima pietra del suo edificio.
Bartolomeo I, Patriarca ecumenico di Costantinopoli, primo a inaugurare la serie dei dieci interventi della mattina, ha voluto anzitutto replicare esplicitamente a chi ha continuato a sostenere che gli incontri per la pace organizzati negli anni nella città francescana contengano una deriva sincretistica: “Il ne s’agit pas, comme certains l’insinuent…
Non si tratta, come alcuni insinuano, di fare del dialogo interreligioso, o un dialogo ecumenico, in una prospettiva sincretista. Al contrario, la visione che noi lodiamo nel dialogo interreligioso possiede un senso tutto particolare, che deriva dalla capacità stessa delle religioni di investire il campo della società per promuovervi la pace”.
Oggi “non siamo qui – ha idealmente proseguito il primate della Comunione anglicana, l’arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams – per affermare un minimo comune denominatore di ciò che crediamo”…
“…but to speak out of the depth…ma per levare la voce dal profondo delle nostre tradizioni, in tutta la loro singolarità, in modo che la famiglia umana possa essere più pienamente consapevole di quanta sapienza vi sia da attingere nella lotta contro la follia di un mondo ancora ossessionato da paura e sospetti, ancora innamorato dell’idea di una sicurezza basata su di una ostilità difensiva, e ancora in grado di tollerare o ignorare le enormi perdite di vite tra i più poveri a causa di guerre e malattie”.
Il Gran Rabbino David Rosen, direttore del Dipartimento per gli Affari Interreligiosi dell’“American Jewish Committee”, dopo una profonda riflessione ancorata al tema biblico del pellegrinaggio, ha colto nell’itinerario dei raduni di Assisi le tappe di quell’universale cammino dell’uomo che tende verso la casa di Dio. E ha soggiunto “For demonstrating this aspiration…
Per aver dimostrato questa aspirazione in una maniera così visibile, qui in Assisi, 25 anni fa, noi abbiamo un debito di gratitudine alla memoria del Beato Giovanni Paolo II e dobbiamo essere profondamente grati al suo successore, Papa Benedetto XVI per aver continuato questo cammino”.
Ricordando l’11 settembre, ma anche le recenti “primavere arabe”, il Patriarca di Costantinopoli aveva anche toccato il punto sensibile che ha poi attraversato, come un flusso di corrente, quasi tutte le riflessioni seguenti: quello della “strumentalizzazione” a fini bellici della religione.
Ha affermato in proposito il delegato intervenuto in vece del segretario generale della Conferenza internazionale degli studiosi islamici (Icis), Kiai Haji Hasyim Muzadi: “There are also other factors that are reasons…Vi sono altri fattori alla base dei conflitti che sorgono tra credenti; fattori che sono basati su interessi non religiosi, che si ammantano di insegnamenti religiosi e strumentalizzano la religione per obiettivi non religiosi (…) A questo riguardo, dobbiamo identificare la religione come ciò che è al di sopra di tutti gli interessi. Se la religione sarà posta al di sopra degli interessi, allora servirà come un faro di speranza ricevuto dai nostri antenati.
“Giustizia e verità rappresentano le condizioni concrete per la riconciliazione”, ha detto da parte sua il primate della Chiesa Apostolica Armena di Francia, Norvanzakarian, il quale ha concentrato l’attenzione sull’opportunità della creazione degli organismi giudiziari internazionali e sulla loro azione volta, ha detto, a “stabilire la verità sui crimini perpetrati durante i conflitti armati e particolarmente sul crimine più grave di tutti: il genocidio”.
Orientato invece al futuro l’avvio dell’intervento del segretario generale del Consiglio Ecumenico delle Chiese, Olav Fykse Tveit: “What Francis accomplished as a youngman…
Ciò che Francesco ha compiuto da giovane, nei suoi vent’anni, è per noi un richiamo salutare all’importanza del ruolo che i giovani devono e possono svolgere sia nelle comunità di fede che nel più ampio contesto sociale. Senza questo, non saremmo qui oggi. Anche oggi, la pace nel mondo richiede le idee e il contributo dei giovani”.
Il portavoce della religione Ifu e Yoruba nel mondo, che ha detto di parlare anche “a nome dei capi e dei seguaci delle religioni indigene dell’Africa”, ha posto l’accento sul ruolo della religione non solo come via per rispettare il prossimo ma anche la natura, mancando di rispetto alla quale – ha concluso – “gli esseri umani non potranno raggiungere la vera pace e la tranquillità”.
In un mondo di reti sociali digitali diffuse, c’è bisogno di essere legati da una “fraternità in favore della vita” come pure da una “fraternità in favore della pace”, è stata la sollecitazione dal parte del rappresentante del Buddismo coreano, il presidente dello “Jogye order”, Ja-Seung.
Sul tema del pellegrinaggio, ma dal versante della sensibilità orientale, il rappresentante della religione hindu, Acharya Shri Shrivatsa Goswani, ha riflettuto sul progresso dello “spirito di Assisi” nell’arco di 25 anni ed ha osservato: “Dialogue will be a futile exercise…
Il dialogo sarà un esercizio futile se non lo intraprendiamo con umiltà, pazienza, e il desiderio di rispettare l’’altro’ – e ciò senza pretendere lo stesso in cambio. Questo ci renderà capaci di dire ‘no’ all’ingiustizia di ogni tipo. Ciò richiede molto coraggio, e quel coraggio verrà solo dalla preghiera”.
Certamente privo dei riferimenti a una religiosità propriamente detta è stato l’intervento della prof.ssa bulgara Julia Kristeva, uno dei quattro intellettuali non credenti presenti ad Assisi. La sua dotta riflessione sull’umanesimo, considerata da un punto di vista laico, è stata conclusa da una convinzione espressa in modo reciso: “La rifondazione dell’umanesimo non è un dogma provvidenziale né un gioco dello spirito, è una scommessa (…) L’età del sospetto non è più sufficiente. Di fronte alle crisi e alle minacce che si aggravano, è giunta l’età della scommessa. Osiamo scommettere sul rinnovamento continuo delle capacità di uomini e donne a credere e a conoscere insieme”.